IL RISCATTO DI SIMONE
“Quanto vorrei avere quelle
lunghe gambe, quanto vorrei essere capace di destreggiare quella palla, darei
tutto solo per poterla avere tra le mani!” pensava tra sé e sé con aria
sognante, ma ancora per poco. Era il solito pomeriggio: Simone era come sempre
sul blog di Michael Jordan. Improvvisamente si accorse di vedere lo schermo in
modo diverso, quasi tridimensionalmente, come se quella palla meravigliosa
fuoriuscisse dallo schermo. «Oh mio Dio! Ma cosa sta succedendo? Sto
sognando?» esclamò Simone impaurito. «Tranquillo! È tutto vero! Sono la palla
di Michel Jordan in persona». «Mio Dio! Mi sto sentendo male! Mamma, papà, c’è
nessuno in casa? Aiuto!» gridava ancora Simone.
«Ehi, non era quello che avevi sempre
sognato? Sono qui, davanti a te! Sono venuta per aiutarti!».
«Non posso crederci! La palla di Michael Jordan
in camera mia! Tu pensi, parli, riesci a leggere i miei pensieri e i miei
desideri!».
«Già! So che i compagni della tua
squadra di basket non sono molto gentili con te e che stai passando un periodo
difficile. So anche che domani si disputerà la finale del torneo! Per questo ho
deciso di raggiungerti e di venire in tuo aiuto. Vuoi davvero stupire i tuoi
compagni e dare loro una bella lezione?».
«Sì, ma non so proprio come potresti
aiutarmi. Sono basso, non mi passano mai la palla e mi fanno sentire un
intruso. Non so se domani mi presenterò in campo, nessuno crede in me. Sto
seriamente pensando di abbandonare il basket, non fa per me…».
«Non dirlo neanche per scherzo! Non preoccuparti,
fidati di me. Questo è il mio piano: domani mi troverai al centro del campo. L’unica
cosa che ti chiedo di fare è seguirmi, accogliermi fra le tue braccia quando
verrò verso di te e tirarmi verso il canestro. Non preoccuparti della tua
scarsa mira: troverò io il modo di centrare l’obiettivo e di farti segnare. Vedrai,
riuscirai a riscattarti!» E la palla scomparve nel nulla.
Simone era rimasto piuttosto scosso
dall’incontro inaspettato con la palla di Michael Jordan, non credeva ancora ai
suoi occhi! E non credeva neanche alla buona riuscita del suo piano. Andò a
dormire pensieroso.
Il giorno della resa dei conti era
ormai arrivato e Simone, nonostante le parole della magica palla, era sempre più
diffidente riguardo alla promessa che questa gli aveva fatto ed era sempre più
convinto di ripetere l’ennesima figuraccia in campo. Mancava poco all’inizio
della partita e Simone si diresse, con aria affranta e disillusa, negli
spogliatoi. Qui incrociava sguardi di disprezzo, di ostilità nei suoi confronti.
Simone avrebbe preferito scomparire nel nulla. Non vedeva l’ora che la partita
terminasse. Le due squadre entrarono in campo; tutti i fischi e gli insulti
erano rivolti a Simone:
«Nanetto, togliti dai piedi!».
«Puffetto, vai a casa!».
La magica palla di Jordan era al
centro del campo. Simone la fissava, ed era come se questa gli trasmettesse
grinta e coraggio. La partita cominciò e, sin dai primi secondi, si notava che
tra Simone e la palla ci fosse un’intesa straordinaria: la palla, scattante e
determinata, non si lasciava afferrare da nessuno che non fosse Simone, il quale cominciava a fare un canestro
dopo l’altro. Fu così che le grida e gli umilianti insulti si trasformarono in
urla piene di ammirazione: la standing ovation era tutta per lui! Il ragazzo,
ancora incredulo, corse verso la palla, la
strinse a sé e pianse lacrime di commozione. I compagni, che fino a quel
momento lo avevano isolato e umiliato, si strinsero attorno a lui: per la prima
volta nella sua vita Simone si sentiva un vero campione!
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